“Città di medie dimensioni che fanno leva sulla rigenerazione urbana e sulla qualità ambientale per rilanciare lo sviluppo”

Le città intermedie accolgono 10.994.322 residenti, il 18% della popolazione italiana; vantano un patrimonio ricco di risorse culturali e paesaggistico: 902 musei e istituti similari aperti al pubblico, pari al 18,2% dei musei italiani; hanno un indice di offerta turistica (7,2 posti letto ogni 100 residenti) superiore a quello osservato nelle città metropolitane (5,6 posti letto ogni 100 residenti); registrano una percentuale di raccolta differenziata – 302 kg per abitante, superiore al valore medio nazionale (271 kg per abitante) e al valore osservato nelle città metropolitane (239 kg per abitante) –.
roma, 7 febbraio – 161 sono le città intermedie individuate ricomponendo la geografia territoriale del nostro Paese – 71 nel Nord Italia, 44 nelle regioni del Centro e 46 nel Mezzogiorno –. È il primo dato tra i tanti raccolti nel volume L’Italia Policentrica. Il fermento delle città intermedie, curato da Mecenate 90 in collaborazione con Ufficio Studi ANCI e Cles s.r.l.
Città che rappresentano una sfida all’inerzia
“Negli ultimi anni vanno emergendo due fenomeni interessanti – commenta il Presidente di Mecenate 90, Giuseppe De Rita – la crescita di ruolo delle città di medie dimensioni e l’antropologica volontà di vivere bene (senza né entusiasmi né rancore). Sono due fenomeni che si alimentano reciprocamente e che in un periodo di stanchezza e di fermo riescono a fermentare qualcosa di interessante per tutto il sistema”.
“Non esiste una Italia minore o periferica, evidenzia il sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze Pier Paolo Baretta, ma molti centri medio grandi – con identità proprie, ma con forti integrazioni reciproche – che rappresentano il cuore dello sviluppo culturale turistico e di valorizzazione delle risorse locali. Questa è la forza del nostro Paese. La sostenibilità dei territori, le reti di governance e le risorse, che non mancano, vanno indirizzate a questa idea di crescita”.
“Attraversando dieci delle 161 città intermedie – aggiunge il curatore del volume Ledo Prato, Segretario generale di Mecenate 90 – e confrontandoci con oltre 300 testimoni della vita istituzionale, economica, sociale, culturale, persino quelle che sembrano ai margini dei processi economici e sociali più dinamici, abbiamo ricavato un quadro incoraggiante. Anche in queste città convivono imprese innovative, vocate alle esportazioni, e piccole imprese artigiane e del terziario, con specializzazioni territoriali che hanno raggiunto livelli e profili internazionali. Tuttavia è evidente che l’assenza di una Strategia Generale sulle Aree Urbane, che vada oltre le Città metropolitane, condiziona notevolmente una pianificazione strategica dello sviluppo delle città e indebolisce la stessa Agenda Urbana”.
Città orientate a fare rete e innovazione
Le città intermedie si presentano come hub in grado di connettere il tessuto dei centri urbani minori con le reti globali, mostrandosi economicamente vitali, culturalmente vivaci e socialmente vivibili. Sono tutte città resilienti, ciascuna con le sue peculiarità, con un dinamismo che contraddice le narrazioni sulle città non metropolitane, contrapposte con le aree metropolitane. Un universo di città che per tradizione rappresenta un’armatura importante in termini di ricchezza di risorse, di qualità del tessuto produttivo e di patrimonio culturale e sociale. Fanno i conti con le difficoltà finanziarie degli Enti locali, la carenza degli organici e l’impoverimento dei servizi. “Per assicurare un ordinato sviluppo delle città intermedie non basta una politica di investimenti pubblici strutturali – dichiara nel suo intervento il Sindaco di Lecce, Carlo Salvemini – bisogna incrementare la spesa corrente altrimenti si assiste al paradosso che importanti infrastrutture siano progressivamente lasciate all’incuria. Coltivare il buon vivere è possibile se ci sono risorse adeguate per la cura delle città intermedie”. E tuttavia costruiscono forme inedite di welfare urbano, lontano dalle cronache nazionali. Le diseguaglianze esistono e perdurano ma non lasciano inerti né le istituzioni pubbliche e, spesso, neanche il complesso e variegato mondo culturale, del no profit e persino delle imprese. In molti casi, hanno rigenerato la vita di quartieri, hanno favorito la nascita di startup nel settore culturale e creativo.
Città che sperimentano forme inedite di governance
Nel volume sono riportati esempi di città capaci di attivare processi di condivisione e di promozione di politiche integrate e di valorizzazione delle risorse locali – economiche e culturali – e di favorire sinergie che valorizzano il potenziale competitivo di un territorio più vasto di quello urbano. “Si può aggregare senza perdere la territorialità – sostiene nel suo intervento il Sindaco di Parma, Vice Presidente ANCI, Federico Pizzarotti – diventa necessario favorire partenariati anche oltre i confini amministrativi attraverso concrete pratiche politiche e prospettive di sviluppo basate su energie civiche. In questa direzione l’unica ossatura chiara sono le città intermedie”.
Città che sperimentano forme innovative di welfare
Sul versante delle risposte ai bisogni emergenti nel sociale, le città prese in considerazione nel volume, denunciano una carenza delle risorse e il ridimensionamento dei servizi a fronte di una mutata domanda sociale. E tutte indistintamente fanno affidamento sull’operato delle associazioni di volontariato, spesso della Caritas, e sull’intervento delle Fondazioni bancarie che svolgono una vera e propria funzione sussidiaria. Le esperienze messe in campo vanno dal welfare community al welfare di prossimità, all’housing sociale, ad azioni sinergiche con le associazioni che operano nel campo della cultura: un intreccio virtuoso tra innovazione sociale e innovazione culturale. Un’opportunità per la nascita e la diffusione di forme di imprenditoria culturale, centri culturali multifunzionali che incorporano attività sociali, servizi alla comunità, coworking, spazi teatrali e cinematografici, residenze di artisti.
Città con diversa scala di vitalità e con un tessuto produttivo in cambiamento
Al 31 dicembre 2018 le città intermedie contano circa un quinto (19,3%) delle imprese italiane, con una densità imprenditoriale pari a 11 imprese ogni 100 abitanti (nelle città metropolitane 10 imprese su 100). In linea con il valore nazionale, un’impresa su cinque (20,3%) è artigiana. Sia nelle città intermedie sia nelle città metropolitane il settore delle Costruzioni è il secondo più rappresentativo, dopo il Commercio, per numero di imprese registrate, con un’uguale incidenza pari al 12,8% del rispettivo totale imprese. Allo stesso modo, il Manifatturiero è il terzo settore più rappresentativo per numero di imprese registrate sia nelle città intermedie (8,5%) sia nelle città metropolitane (8,0%).
Le città prese a riferimento si collocano su una diversa scala di vitalità a seconda della dimensione economica e della presenza di imprese competitive sui mercati internazionali – in gran parte dei casi appartenenti ai settori manifatturieri del made in Italy –. Si distinguono città già connesse con le aree più prospere e competitive dell’Europa e città meno competitive dove però sono presenti imprese singole o nuclei imprenditoriali ad altissima competitività internazionale. Eppure, si legge nel Rapporto: “L’economia delle città e, in particolare, le condizioni reali in cui versa il sistema economico locale, l’effettiva capacità competitiva a livello nazionale e internazionale delle imprese del territorio, la scarsa efficienza del mercato del lavoro rispetto al collocamento di giovani disoccupati in possesso di un elevato titolo di studio costituiscono oggi una ferma e costante preoccupazione dei responsabili del governo locale, delle rappresentanze economiche e sociali e degli imprenditori”. Molte imprese auspicano: la riduzione del mismatch occupazionale prodotto dalla rivoluzione digitale applicata ai processi produttivi; un maggiore sostegno del settore bancario all’internazionalizzazione; la promozione di un legame più profondo e continuativo con le Università e i centri di ricerca scientifici. Ma soprattutto rilevano l’esigenza “di dare forma alle esperienze di smart city, smart land, green economy e delle reti corti e lunghe. Vi è una consapevolezza diffusa che produttività e innovazione sono condizionate dai servizi di supporto e dall’infrastruttura logistica del territorio”.